
EQUO PREMIO AL DIPENDENTE – LE INVENZIONI DEL LAVORATORE SUL LUOGO DI LAVORO

EQUO PREMIO AL DIPENDENTE – LE INVENZIONI DEL LAVORATORE SUL LUOGO DI LAVORO
Le creazioni intellettuali nei rapporti di lavoro, le tipologie di invenzione, il compenso e le risoluzioni in arbitrato in caso di contenzioso.
L’approfondimento dell’avvocato socio fondatore di GF Legal Mario Fusani, giuslavorista e arbitro in diritto del lavoro.
Il lavoratore, con il suo apporto umano nello svolgimento delle regolari attività lavorative, può contribuire alla produzione e alla creazione di un nuovo prodotto innovativo o svolgere un’attività che scaturisce in una nuova invenzione.
In questi casi è giusto domandarsi se, e nel caso come, è opportuno riconoscere al lavoratore dipendente un compenso, o più correttamente in riferimento al caso in questione, un equo premio.
Con riferimento a tali lavoratori, l’art. 4 della Legge 22 maggio 2017 (c.d. Job Act del lavoro autonomo), n. 81, in vigore dal 14 giugno 2017, prevede che: salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto stesso spettano al lavoratore autonomo, secondo le disposizioni di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.
Più in generale, la disciplina, da un punto di vista giuridico e in particolar modo da quello giuslavoristico, è regolamentata dall’art. 2590 c.c. che prevede come il prestatore di lavoro abbia diritto di essere riconosciuto quale autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro.
LE TIPOLOGIE DI INVENZIONE
Nell’ambito di questo tema, devono essere evidenziate in primo luogo le tipologie di invenzione e i loro relativi diritti.
Una prima tipologia di invenzione, è quella fatta nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro. In tali circostanze, i diritti patrimoniali che dovessero derivare da una invenzione realizzata in questo ambito, incluso l’eventuale brevetto, sono da ricondurre all’appartenenza del datore di lavoro. Con ciò, ci si riferisce a quelle c.d. invenzioni di servizio, le quali indicano quel tipo di scoperte che rientrano nell’oggetto del contatto stipulato dalle parti.
In altre parole in questi casi, il lavoratore è retribuito anche e proprio al fine di realizzare attività inventive così come, per fare un esempio, potrebbe accadere a chi lavora in imprese chimico farmaceutiche nel cui core business rientra per l’appunto l’attività inventiva e creativa.
Pertanto, queste invenzioni, realizzate nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego, per le quali l’attività inventiva, costituisce una delle mansioni contrattualmente affidate al dipendente, risulta regolarmente retribuita attraverso il pagamento dello stipendio.
In questo caso, quindi l’inventore materiale viene riconosciuto solo autore morale del prodotto, mentre, per contro, tutti i diritti di sfruttamento economico e patrimoniale saranno attribuiti integralmente al datore di lavoro.
Una seconda tipologia di invenzioni, è riconducibile alle c.d. invenzioni in azienda, le quali vengono fatte nello svolgimento del contratto di lavoro ma senza che alcuna previsione specifica in tal senso venga predeterminata nel contratto di lavoro e senza che tale attività sia oggetto di specifico riconoscimento retributivo.
In altri termini, si tratta di quelle invenzioni realizzate sempre durante lo svolgimento di un rapporto di lavoro subordinato e causalmente connesse a quest’ultimo, ma per le quali non è prevista e stabilita una specifica retribuzione.
Infatti, in questo caso, l’attività inventiva non fa parte delle mansioni contrattualmente assegnate al lavoratore e, pertanto, non può essere remunerata attraverso il pagamento del proprio salario.
In questi casi, i diritti che dovessero derivare da queste scoperte appartengono al datore di lavoro.
Tuttavia, se quest’ultimo dovesse ottenere un brevetto o utilizzasse tale invenzione, al lavoratore spetterà il diritto al c.d equo premio il cui ammontare sarà determinato tenendo conto di una serie di elementi tra i quali: la rilevanza dell’invenzione, le mansioni del lavoratore, la sua retribuzione, il contributo che ai fini dell’invenzione è stato apportato dall’organizzazione aziendale etc.
La terza e ultima tipologia è quella riferibile alle c.d. invenzioni occasionali.
Queste invenzioni, potrebbero essere anche realizzate al di fuori dell’orario di lavoro e al di fuori dal luogo di lavoro.
Si tratta di scoperte non connesse all’attività lavorativa ma che comunque rientrano nell’ambito di attività del datore di lavoro.
Su tali invenzioni, il lavoratore risulta titolare dei diritti patrimoniali e di brevetto, ma, qualora egli non intenda personalmente sfruttare tali diritti, al datore di lavoro deve essere concesso il diritto di opzione per l’utilizzo esclusivo o non esclusivo, di questa invenzione nonché per l’eventuale acquisto del brevetto.
L’esercizio di questa opzione dovrà però essere fatto entro il termine di tre mesi dalla data in cui è stato comunicato l’avvenuto deposito della domanda di brevetto.
In questo caso, il datore di lavoro dovrà corrispondere al lavoratore una somma di denaro che tenga comunque conto di tutte le utilità aziendali di cui il lavoratore ha beneficiato per raggiungere la realizzazione della sua invenzione.
E’ altresì interessante segnalare come, secondo la Giurisprudenza, non costituisce rinuncia al diritto all’Equo Premio il fatto che il dipendente inventore sottoscriva ad esempio atti denominati come “Assignment of invention” (cessione dell’invenzione) al fine di consentire al datore di lavoro l’ottenimento del brevetto.
Tale carattere viene escluso quantomeno laddove simili atti non contengano alcuna rinuncia espressa e inequivoca al diritto all’equo premio, in quanto così stando le cose non può attribuirsi loro alcun valore abdicativo come osservato anche dalla Giurisprudenza di Cassazione (Sent. 11305/2003).
L’ARBITRATO PER LA RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE SULL’EQUO PREMIO
Può essere interessante e molto utile sapere che qualora dovessero sorgere controversie in relazione all’ammontare dell’Equo Premio, queste potrebbero essere rimesse, persino nel caso in cui l’inventore fosse un dipendente pubblico, ad un collegio arbitrale che interverrebbe secondo le regole di un arbitrato rituale.
Infatti, secondo quanto afferma l’art. 64 del D. Lgs. 13 agosto 2010, n. 131: “Ferma la competenza del giudice ordinario relativa all’accertamento della sussistenza del diritto all’equo premio, al canone o al prezzo, se non si raggiunga l’accordo circa l’ammontare degli stessi, anche se l’inventore è un dipendente di amministrazione statale, alla determinazione dell’ammontare provvede un collegio di arbitratori, composto di tre membri, nominati uno da ciascuna delle parti ed il terzo nominato dai primi due, o, in caso di disaccordo, dal Presidente della sezione specializzata del Tribunale competente dove il prestatore d’opera esercita abitualmente le sue mansioni. Si applicano in quanto compatibili le norme degli articoli 806, e seguenti, del codice di procedura civile”.
EQUO PREMIO UNO SGUARDO ALLE NORMATIVE DI CINA E GIAPPONE
Infine, osservando seppur brevemente, quanto accade in Cina e Giappone, due paesi lontani ma nei quali il tema delle invenzioni connesse ai processi produttivi risulta essere molto attuale, è possibile individuare alcune peculiarità interessanti, che meritano di essere citate per concludere questa panoramica sull’argomento dell’equo premio.
La Cina, si è dotata di una normativa che consente di ricompensare sempre il dipendente che inventa.
Qualora il compenso non sia previsto nel contratto e risulti quasi come straordinario, esso è corrisposto in due fasi. Prima quando l’invenzione viene brevettata con il pagamento di una somma proporzionale all’importanza dell’invenzione, poi con una somma erogata successiva calcolata sulla base dei profitti che l’azienda ha conseguito sfruttando il brevetto e valutando con giudizio prognostico quelli che in futuro potranno derivare da tale invenzione.
Per quanto concerne il Giappone, all’art. 35 della legge sui brevetti, è previsto che il datore di lavoro abbia diritto ad una licenza gratuita sull’invenzione, sfruttabile unicamente in relazione all’oggetto sociale o agli scopi aziendali, qualora essa sia stata realizzata nell’adempimento delle mansioni lavorative.
Se però il dipendente è disposto a concedere al datore di lavoro una licenza esclusiva (o analoga pattuizione inserita al momento della sottoscrizione del contratto di lavoro), avrà diritto all’equo compenso.
@RIPRODUZIONE RISERVATA – autore Avv. Mario Fusani – GF Legal – articolo pubblicato su Diritto24 de Il Sole 24ore