CIGS

CIGS PER CRISI AZIENDALE – PRIMI CHIARIMENTI MINISTERIALI

Come noto, tra le misure introdotte con il decreto-legge 28 settembre 2018, n. 10, c.d. “Decreto Genova”, figura un importante intervento in materia di CIGS in deroga per cessazione dell’attività. Al riguardo, il Ministero del Lavoro è recentemente intervenuto, per fornire i primi chiarimenti, con la Circolare n. 15, del 4 ottobre 2018.

A decorrere dal 29 settembre 2018, e per gli anni 2019 e 2020 in presenza di determinate condizioni, potrà essere richiesto il trattamento di integrazione salariale straordinaria per crisi aziendale. Si tratta di un ammortizzatore di cui potranno beneficiare per un periodo massimo di 12 mesi, le imprese che abbiano cessato, o abbiano in programma di cessare, l’attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell’attività con conseguente riassorbimento occupazionale; oppure laddove sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo.

 

Come sottolineato dal Ministero del Lavoro (cfr. Circ. n. 15/2018) il trattamento di integrazione salariale straordinaria può essere concesso in deroga alla disciplina in tema di ammortizzatori sociali (art.4 e 22 del D.lgs. n. 148/2015) per quanto riguarda la durata massima complessiva di 24 mesi (30 per le imprese dell’edilizia e affini) in un quinquennio mobile per ciascuna unità produttiva, prevista, in generale, per i trattamenti di integrazione salariale, e le singole durate massime contemplate, nello specifico, per ciascuna delle causali di intervento straordinario di integrazione salariale.

CIGSDal punto di vista operativo, in estrema sintesi, per poter accedere al trattamento di CIGS, l’impresa interessata deve aver cessato, in tutto o in parte, l’attività produttiva o aver assunto la decisione di cessarla, eventualmente nel corso dell’intervento di integrazione salariale di cui all’articolo 21 del D.Lgs. n. 148/2015 a seguito dell’aggravarsi delle iniziali difficoltà.

Contestualmente alle citate condizioni, devono poi sussistere concrete prospettive di cessione dell’attività medesima con il riassorbimento del personale, oppure devono prospettarsi piani di reindustrializzazione del sito produttivo. In ogni caso, il fine da perseguire è la massima conservazione possibile dei livelli occupazionali.

Determinata la cessazione dell’attività, o l’intenzione di cessarla, e definite le prospettive di cessione, l’impresa deve poi stipulare uno specifico accordo con le parti sociali presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al quale possono partecipare anche il Ministero dello sviluppo economico e la Regione interessata. 

 
In tale sede istituzionale dovrà essere presentato il piano di intervento, avente ad oggetto:

  • l’articolazione delle sospensioni dei lavoratori in funzione della prospettata cessione di attività; del piano di reindustrializzazione; o del programma di intesa con le regioni;
  • – il piano di trasferimento e/o riassorbimento dei lavoratori sospesi e le misure di gestione per gli eventuali esuberi personale.

A parere di chi scrive, questo ammortizzatore sociale ha una connotazione più politica che sociale.
Anzi, potremmo aggiungere: più assistenziale che di sostegno allo sviluppo del sistema produttivo.

Si tratta, di una misura apparentemente tesa a favorire la generale platea di lavoratori di imprese in crisi, ma sembra voler passare come una manovra volta a “contenere” l’impatto delle vituperate delocalizzazioni. Queste ultime però, non sempre sono il frutto di politiche fraudolente, ma al contrario, spesso si rivelano l’unica alternativa per la sopravvivenza dell’impresa.

Inoltre, sempre a parere di chi scrive, sembra quanto meno difficoltoso pensare alla coesistenza tra la “cessazione, o la prospettiva di cessazione, dell’attività” e la reindustrializzazione del sito produttivo. Tuttavia il piano di intervento può anche essere proposto – in caso di cessione di attività – dall’impresa cessionaria, dunque potrebbe trattarsi di una previsione legata ad ipotesi di questo tipo.

In ogni caso la citata sopravvivenza dell’impresa, in quanto viatico per mantenere l’occupazione, sembra essere, direttamente o meno, il fine della misura in commento. E’ però indubbio che le stesse imprese giocheranno un ruolo fondamentale nella procedura di concessione del trattamento, considerato l’onere a loro carico di fornire un programma dettagliato degli interventi che intendono attuare per il proseguimento dell’attività e la tutela dei livelli occupazionali. Dunque sembra potersi affermare, che nel caso in cui l’imprenditore non si dimostri sufficientemente affidabile, potrebbero essere proprio gli stessi lavoratori a subirne le conseguenze.

 

29.10.18 – CIGS PER CRISI AZIENDALE. PRIMI CHIARIMENTI MINISTERIALI © riproduzione riservata dello Studio GF LEGAL STP