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WHISTLEBLOWING. PERCHE’, L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE 179/2017, DOVREBBE INTERESSARE ANCHE LE AZIENDE PRIVATE

Anche a molte aziende private interesserà l’entrata in vigore della Legge 179/2017.

Il c.d. whistleblowing (letteralmente soffio nel fischietto), istituto sorto nell’intenzione di tutelare in primo luogo i dipendenti pubblici che abbiano segnalato illeciti di tipo corruttivo, ora, infatti è applicabile anche nel settore privato.

Rimandiamo alla più recente news: NUOVA DISCIPLINA DEL WHISTLEBLOWING DECRETO LEGISLATIVO 24/2023

 

 

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Con questo strumento si rafforza la protezione da forme di discriminazione e ritorsioni dei lavoratori che intendano segnalare illeciti e quindi contrastare forme di corruzione.

La legge, nello specifico, sancisce che ogni dipendente che segnali a un soggetto gerarchicamente superiore, eventuali condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in virtù del suo rapporto di lavoro, non possa più essere soggetto, per cause collegate alla segnalazione, a demansionamenti, trasferimenti o comunque sottoposto a misure che possano penalizzarlo nell’ambito del suo lavoro.

In virtù della Legge 179/2017, vengono introdotte modifiche al Testo Unico del Pubblico Impiego e anche ai modelli di organizzazione, gestione e controllo previsti dal D. Lgs. n. 231/2001 che dovranno essere aggiornati.

Essi, infatti, dovranno introdurre meccanismi che permettano di presentare segnalazioni ben definite di condotte illecite, di cui si sia venuti a conoscenza in base alle funzioni ricoperte.

Questi strumenti, dovranno garantire, in particolare, la riservatezza dell’identità nell’ambito delle procedure di segnalazione.

Pertanto, i modelli 231 (all’interno del codice etico ovvero nella parte generale di tale modello) dovranno prevedere il divieto di discriminazione e/o atti ritorsivi in forma diretta e indiretta nei confronti del soggetto denunciante per ragioni connesse alla denuncia.

Inoltre, la procedura si estende fino alle segnalazioni anonime, posto che l’art. 1 della Legge 179/2017, precisa che l’identità del denunciante, non possa essere resa nota, salve le previsioni previste dall’art. 329 c.p.p. e nel caso in cui dovesse essere accertata anche con una sentenza di I grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia e diffamazione.

Inoltre, è interessante segnalare che anche la Commissione Europea ha pubblicato una proposta sulla nuova normativa sulla tutela dei whistleblower.

La proposta garantisce, in tutti gli Stati membri, una protezione per chi denuncia pubblicamente violazioni al diritto dell’Ue in materia di appalti pubblici, servizi finanziari, riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo, sicurezza dei prodotti, sicurezza dei trasporti, tutela ambientale, sicurezza nucleare, sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali, salute pubblica, protezione dei consumatori, tutela della vita privata, protezione dei dati e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi.

L’obiettivo della Commissione è quello di introdurre obblighi chiari.

Nel progetto europeo, ad esempio, si afferma che tutte le imprese con più di 50 dipendenti o con un fatturato annuo superiore ai 10 milioni di Euro dovranno prevedere una procedura interna per gestire le segnalazioni.

La nuova normativa si applicherà anche a tutte le amministrazioni statali e regionali e a tutti i comuni con più di 10.000 abitanti.

Ora, tale progetto dovrà essere implementato dagli stati membri anche al fine di riordinare un panorama legislativo europeo sulla materia che la Commissione definisce troppo “frammentato e disomogeneo”.

Da ultimo, è utile osservare come la Corte di Cassazione, Sezione Penale, ha avuto modo di confrontarsi con questa disciplina nella sentenza 27 febbraio 2018, n. 9047, approfondendo proprio la questione del necessario anonimato del segnalatore.

In particolare, i giudici di legittimità hanno analizzato l’ordinanza del Tribunale delle Libertà di Napoli che aveva disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un dipendente dell’Agenzia del territorio di Santa Maria Capua Vetere (CE), indagato per una pluralità di episodi di corruzione, truffa aggravata e falso ideologico, giunti alla conoscenza dei vertici dell’Ente proprio tramite una segnalazione anonima trasmessa tramite il “canale di whistleblowing” dell’ufficio del responsabile per la prevenzione della corruzione.

La tesi dell’indagato era quella che, trattandosi di segnalazione anonima, essa non poteva essere utilizzata per determinare i gravi indizi di reato necessari per la misura cautelare, poiché poco circostanziata, quantomeno sotto il profilo del soggetto denunciante.

Ebbene, la Cassazione ha affermato che la disciplina lavoristica del “whistleblowing” stabilisce che il principio dell’anonimato sia limitato esclusivamente all’ambito del rapporto di lavoro (e, in particolare, a quello della procedura disciplinare) mentre tale principio non può operare nel settore penalistico, dove esigenze di accertamento della verità processuale impongono il disvelamento dell’identità del segnalatore quando ciò sia ritenuto necessario per la conduzione delle indagini.

Dal disvelamento dell’identità del segnalatore nell’ambito di una indagine penale, dunque, non può derivare alcuna conseguenza sulla legittimità della segnalazione stessa, poiché il principio del necessario anonimato, salvo consenso dell’interessato, vale esclusivamente con riferimento al rapporto di lavoro e, in particolare, al procedimento disciplinare.

Da quanto sopra, emerge che le aziende dovrebbero applicare quanto previsto al fine di conformarsi alle previsioni normative sulla materia e anche con l’obiettivo di introdurre miglioramenti rispetto al più generale clima aziendale.

 

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03.07.18 – WHISTLEBLOWING. PERCHE’, L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE 179/20, DOVREBBE INTERESSARE ANCHE LE AZIENDE PRIVATE. – © riproduzione riservata dello Studio GF LEGAL STP