VINO ON LINE: L’E-COMMERCE B2C NEL SETTORE ENOLOGICO NEI TEMPI DEL COVID19 | L’ENOLOGO RIVISTA UFFICIALE DI ASSOENOLOGI
VINO ON LINE: L’E-COMMERCE B2B NEL SETTORE ENOLOGICO NEI TEMPI DEL COVID19 | l’enologo RIVISTA ufficiale di assoenologi
ESTESO DAL DECRETO RILANCIO IL PERIODO DI DIVIETO RELATIVO ALL’AVVIO DI PROCEDURE DI LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO E CASI IN CUI RIMANGONO LE CONDIZIONI PER LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO.
Fino a pochi anni fa, gli italiani applicavano il detto “dal produttore al consumatore” alla lettera. Il vino, difatti, veniva scelto ed acquistato direttamente dai produttori o dai rivenditori.
Lo scenario, da qualche anno, invece, è totalmente cambiato.
Il vino, infatti, è diventato “digitale” grazie alla possibilità di commercializzare questo prodotto attraverso market place on line.
L’acquisto e la vendita, quindi, avvengono completamente on line.
Secondo una ricerca operata da un noto market place on line, nel 2015, le vendite di vino online in Italia erano abbastanza scarse, pari allo 0.2% delle vendite totali di vino. Percentuale, questa, inferiore quasi di 10 volte meno rispetto alla media mondiale (pari all’1.8%) e inferiore anche ad altri Paesi Europei quali la Germania al 2.3%; la Francia al 5.8% o il Regno Unito al 6.8%.
Mentre i numeri in tempo di COVID in Italia, ad aprile 2020, da una ricerca ANSA registrano questi risultati sull’E-commerce del vino: “in Lombardia le vendite sono raddoppiate, ma anche nelle altre regioni del Nord Italia i numeri sono interessanti: in Veneto, Emilia e Piemonte l’aumento è stato pari a circa l’85%.”
L’E-commerce aiuta a generare traffico e le vendite in magazzino, sia online to offline, che offline to online.
“Il commercio elettronico non distrugge il commercio tradizionale, anzi contribuisce al suo rafforzamento: il 75% della ricchezza prodotta da Internet rimane all’interno delle aziende tradizionali” (Rapporto Unioncamere)
Su questo tipo di transazioni, tuttavia, si riscontrano alcune problematiche, in particolare, in relazione alle accise sui prodotti alcolici.
Il sistema delle accise sui prodotti alcolici è stato oggetto di armonizzazione europea.
Tuttavia, nell’applicazione del tributo, gli Stati membri hanno alcuni margini di discrezionalità.
In Italia, ad esempio, i prodotti vinicoli non sono soggetti ad accisa, a differenza, invece, del Regno Unito che ha le accise su tutti i prodotti o della Germania, dove vengono scontate le accise soltanto sui vini frizzanti.
Per evitare fenomeni di evasione e fraudolenza nella circolazione di questi prodotti, l’Unione Europea ha istituito un sistema informatico chiamato EMCS, acronimo di Excise Movement Control System.
Questo sistema ha previsto la sostituzione del documento amministrativo di accompagnamento in formato cartaceo con un messaggio elettronico, chiamato “DEA”, che ne consente un controllo in tempo reale.
Come emerge, quindi, la tecnologia, ancora una volta, ci aiuta a stringere i tempi.
La Direttiva Europea 118/2008, infatti, ha obbligato tutti gli Stati membri e gli operatori economici ad aderire al sistema informato EMCS, ad esclusione di piccoli produttori di vino, che possono avvalersi, invece, di un documento cartaceo.
Anche se questo sistema prevede che anche nel caso di spedizione cross-border (cioè acquisto e vendita in mercati non domestici) di un piccolo quantitativo di vino per uso personale – ad esempio una singola bottiglia venduta attraverso un negozio online – ci si debba attivare per avviare la procedura di cui sopra.
Ciò implica, quindi, l’intervento di operatori economici autorizzati, quali spedizionieri, importatori di vino, etc..
In questo modo, un operatore economico autorizzato italiano aprirà il documento elettronico, mentre l’operatore economico autorizzato situato nell’altro Stato membro di destinazione dei prodotti enologici chiuderà il suddetto documento elettronico.
Stiamo parlando, peraltro, di operazioni per cui è richiesta la corresponsione di pagamenti che, nel caso di spedizioni aventi ad oggetto pochi colli, possono risultare più costose della spedizione stessa.
Questo sistema, difatti, è nato per spedizioni di ingenti volumi di prodotti enologici tra operatori economici, ma, va da sé, che il medesimo risulti inadeguato per la gestione di vendite a consumatori finali poiché, in qualche modo, sembra svantaggiare l’export italiano di vini.
Inoltre, sebbene la normativa UE, come abbiamo detto prima, permetta ai piccoli produttori di vino di avvalersi del documento cartaceo invece che della procedura elettronica, alcuni Stati UE, di fatto, disconoscono l’utilizzo del cartaceo. Pertanto, ciò posto, neppure i piccoli produttori sembrerebbero quindi esentati dalla problematica.
La normativa europea in materia di accise sui prodotti alcolici non appare di per sé favorevole agli operatori e-commerce enologici, poiché è stata sviluppata in un’epoca nella quale il commercio elettronico non era ancora diffuso e risulta essere mai stata significativamente adeguata a quella che è la nuova economia digitale.
Infatti, ogni volta in cui viene inviata anche una sola bottiglia di vino soggetta ad accise in un altro Stato dell’Unione Europea è necessario avviare una procedura telematica piuttosto onerosa, per la quale gli operatori doganali domandano la corresponsione di un pagamento.
In particolare, l’interpretazione della normativa europea è particolarmente restrittiva per l’Italia, perché subordinata all’emissione del documento doganale chiamato DAA anche nel caso in cui la gradazione alcolica dei prodotti non preveda il pagamento di alcuna accisa nello Stato di destinazione (tipo per la Germania che la prevede solo per i vini frizzanti).
Quindi, il documento DAA, che viene emesso e aperto in Italia e poi chiuso nello Stato di destinazione, oltre ad essere un vincolo al processo di invio, comporta anche un costo di operazione doganale che si ripercuote su tutti gli oneri di distribuzione.
Tali importi aggiuntivi potrebbero essere giustificabili solo in caso di invio di quantità elevate, ma non lo sono, di certo, per ordini di piccola entità.
Probabilmente, proprio a fronte di questi costi, i piccoli market place on line hanno ridotto, se non eliminato del tutto, il commercio elettronico di prodotti enologici perché non sono in grado, a differenza dei grossi market place on line come Ebay o Amazon di fronteggiare queste accise
IL CONTRATTO DI E-COMMERCE O COMMERCIO ELETTRONICO
Viene redatto in relazione al tipo di prodotto offerto, se di produzione propria o per conto terzi; e al contraente a cui ci si rivolge: che può essere un’azienda, quindi con un contratto B2B (Business to Business), o con un consumatore privato, contratto B2C (Business to Consumer).
Fonti normative di riferimento:
- Codice Civile, la disciplina generale dei contratti
- D.Lgs. 70/2003 Commercio Elettronico
- D.Lgs. 206/2005 Codice del Consumo
- Decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 sulla privacy e informativa sul trattamento dei dati
- Copyright, in caso di vendita on line per conto terzi
- Fattori fondamentali di un contratto e-commerce sono la chiarezza delle informazioni in fase di sottoscrizione del servizio (modalità di registrazione al sito e i vari step per la conclusione del contratto), di erogazione del servizio (termini e condizioni, in particolare, modalità e tempi di spedizione e termini di pagamento), e post vendita (diritto di recesso, gestione del reso e strumento di risoluzione delle controversie)
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