COMMENTO ALLA SENTENZA DEL TRIBUNALE CIVILE DI PADOVA – I SEZ. CIVILE LAVORO DEL 18 LUGLIO 2014
Non è raro che il tema degli appalti, nell’ambito del diritto del lavoro, divenga oggetto di pronunce significative da parte dei Giudici del Lavoro.
In questo senso, è significativa la sentenza del 18 luglio 2014 con la quale il Tribunale di Padova, è entrato nel merito del termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento connesso all’azione di accertamento, volta alla verifica della sussistenza del rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso da quello con il quale era stato stipulato il contratto.
Dall’esame delle conclusioni a cui è giunto il Giudice del Lavoro di Padova, emerge come sia stata accolta l’eccezione di una società appaltante che aveva opposto la decadenza dall’azione promossa anche nei suoi confronti da parte dei lavoratori ricorrenti non avendo quest’ultima ricevuto alcuna impugnazione stragiudiziale nei 60 giorni successivi al licenziamento, posto che i ricorrenti si erano
limitati a svolgere l’impugnazione nei confronti dell’appaltatore.
limitati a svolgere l’impugnazione nei confronti dell’appaltatore.
La controversia è iniziata allorché, due lavoratori, avevano impugnato il licenziamento adottato dall’appaltatore, sostenendo di aver lavorato alle dipendenze della stazione appaltante e, quindi, affermando che si trattasse di una interposizione illecita di manodopera.
A tal fine chiedevano che fosse accertata l’inefficacia del licenziamento con il ripristino del rapporto direttamente alle dipendenze del datore di lavoro appaltante con il pagamento di quanto maturato.
Come anticipato, la difesa della stazione appaltante, si è basata sul fatto che non aveva avuto da parte dei lavoratori alcuna impugnativa stragiudiziale nei 60 giorni previsti, visto che il provvedimento di recesso era stato, come detto, ritualmente impugnato solo nei confronti dell’appaltatore.
Il Giudice del Lavoro, ha accettato l’eccezione sollevata dalla stazione appaltante, affermando che il decorso del termine decorre dal momento in cui il supposto datore di lavoro interposto comunica il licenziamento e la decadenza nei confronti dell’appaltante è impedita soltanto se la volontà di impugnare è resa nota a quest’ultimo nei rituali 60 giorni: tutto questo viene argomentato sulla base della previsione contenuta sia nell’art. 27 che nell’art. 29 comma 3-bis del D.L.vo n. 276/2003 il quale afferma che gli atti posti in essere dall’interposto (nel caso in questione l’appaltatore) si intendono posti in essere da chi ha effettivamente utilizzato le prestazioni dei lavoratori.
Così decidendo, il Giudice è giunto ad una soluzione decisamente diversa da quella, possibilista e prudente, prospettata dal Ministero del Lavoro con l’interpello n. 12 del 25 marzo 2014 con il quale il Ministero stesso richiamava l’indirizzo, sostenuto dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 23684/2010 antecedente alla legge n. 183/2010, secondo il quale il licenziamento era da considerarsi giuridicamente inesistente con la possibilità di una impugnativa non sottoposta al limite decadenziale.
Nello stesso interpello, in un successivo passaggio e senza prendere una decisa posizione, il Ministero del Lavoro, in forma possibilista e dubitativa (viene adoperato il termine “sembra”) appare cosciente circa il diverso indirizzo prospettato dal Legislatore con la legge n. 183/2010.
In conclusione, con la sentenza in esame viene utilizzata l’eccezione di decadenza dell’articolo 32 comma 4, lettera d), della legge 183/10 (“Collegato lavoro”) che estende il termine di decadenza di 60 giorni per l’impugnazione del licenziamento e il conseguente termine di 180 giorni per la proposizione della relativa azione giudiziale a ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’articolo 27 del decreto legislativo 276/03, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.
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