
IL CONSIGLIO DI STATO BOCCIA GLI APPALTI DELLA SANITA’ PER IL PERSONALE
Un’importante sentenza del Consiglio di Stato, la n. 01571 del 2018 pubblicata il 12 marzo 2018, è intervenuta sul tema degli appalti in ambito sanitario con particolare riferimento ad una gara indetta nella regione Lazio dalla Asl Roma 6.
Un’importante sentenza del Consiglio di Stato, la n. 01571 del 2018 pubblicata il 12 marzo 2018, è intervenuta sul tema degli appalti in ambito sanitario con particolare riferimento ad una gara indetta nella regione Lazio dalla Asl Roma 6.
Più precisamente, il Consiglio di Stato, ha bocciato per l’appunto un appalto relativo all’Asl Roma 6 che in realtà, come si legge nella sentenza
“ha ad oggetto una somministrazione di personale, attività, quest’ultima, ex lege riservata alle Agenzie per il Lavoro iscritte nell’apposito Albo presso il ministero del Lavoro”.
La sentenza stigmatizza il fatto che, a seguito di tale erronea impostazione, la partecipazione alla gara è stata consentita a tutte le imprese commerciali, a cui è vietata la somministrazione di personale pena la commissione di un illecito amministrativo (cfr. art. 40 del Dlgs n. 81 del 2015); mentre è stata preclusa alle Agenzie per il Lavoro e tra queste alla società appellante a causa dei particolari requisiti d’accesso richiesti, incentrati sullo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto di gara.
Nel giungere a tale conclusione, il Consiglio di Stato, ritorna sul delicato tema della differenza tra l’istituto dell’appalto e quello della somministrazione.
A tale proposito dapprima il Supremo Organo della Giustizia Amministrativa, ricorda che gli elementi di differenziazione tra i due istituti consistono nell’assunzione da parte dell’appaltatore: a) del potere di organizzazione dei mezzi necessari allo svolgimento dell’attività richiesta; b) del potere direttivo sui lavoratori impiegati nella stessa; c) del rischio di impresa come prevede in tal senso l’art. 29 del d.lgs. 276/2003.
Del resto, attraverso il contratto di appalto una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro, secondo lo schema dell’obbligazione di risultato; nel contratto di somministrazione, al contrario, l’agenzia invia in missione dei lavoratori, che svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore, secondo lo schema dell’obbligazione di mezzi.
Inoltre, il Consiglio di Stato, ricorda altresì come la Giurisprudenza della Corte di Cassazione sia intervenuta a dettagliare in modo ancor più specifico gli indici sintomatici della non genuinità di un affidamento formalmente qualificato come “appalto”, ma in realtà dissimulante una somministrazione di personale, ravvisandoli nei seguenti elementi: a) la richiesta da parte del committente di un certo numero di ore di lavoro; b) l’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente; c) l’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto a quella svolta dai dipendenti del committente; d) la proprietà in capo al committente delle attrezzature necessarie per l’espletamento delle attività; e) l’organizzazione da parte del committente dell’attività dei dipendenti dell’appaltatore (Cass. civ., sez. lav., 7 febbraio 2017, n. 3178).
Per i Giudici del Cds, seguendo la successione dei criteri sopra richiamati, sotto il profilo della natura della prestazione richiesta, appare chiaro che le prestazioni richieste dalla ASL appellata sono identificate non già in “servizi”, bensì in numero di ore di lavoro annue: per il “supporto giuridico, amministrativo, tecnico e contabile” la ASL chiede 31.200 ore annue di lavoro; per il “supporto e gestione dei servizi centrali, distrettuali e ospedalieri” la ASL chiede 22.568 ore annue di lavoro; per l’attività di “archiviazione, data entry e front office” la ASL chiede 62.566 ore annue di lavoro; per il supporto alla liquidazione e gestione ordini, consegne e pagamenti la ASL chiede 18.928 ore annue; per la segreteria alle Direzioni Aziendali, Ospedaliere e Distrettuali la ASL chiede 36.296 ore annue di lavoro
A detta dei Giudici, tali indici sono presenti anche nella fattispecie sottoposta al loro esame, secondo i quali peraltro, l’Azienda ha cercato sostanzialmente di integrare il proprio personale interno, dimostratosi insufficiente, con altro personale esterno, in modo da garantire il regolare svolgimento delle proprie attività d’ufficio.
Un simile scenario, per il Consiglio di Stato sfugge quindi alla logica tipica dell’appalto di servizi ove l’appaltante affida all’appaltatore lo svolgimento di prestazioni connesse ad un preciso risultato, finalizzate alla realizzazione di un opus dotato di consistenza autonoma e manifesta affinità, piuttosto, con lo schema tipico della somministrazione di lavoro a tempo determinato, che si caratterizza per la ricerca di lavoratori da utilizzare per i generici scopi del committente, in chiave d’integrazione del personale già presente in organico.
In conclusione, quindi, per i Giudici del Consiglio di Stato la gara si appalesa illegittima, sia nella parte in cui non omette di richiamare, quali requisiti di partecipazione, il possesso dell’Autorizzazione Ministeriale e la conseguente iscrizione all’Albo, tutte norme di garanzia applicabili esclusivamente alla “somministrazione di lavoro” e non invece ai contratti d’appalto di servizi, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 276 del 2003, dell’art. 30 del d.lgs. n. 81 del 2015 e dell’art. 83, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016; sia nella parte in cui prevede requisiti di ammissione inerenti lo svolgimento di servizi analoghi a quelli oggetto di gara, essendo questi propri delle imprese che svolgono appalti di servizi, ma non anche delle agenzie di lavoro che, come la società appellante, operano esclusivamente nel campo della somministrazione di personale.
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