LEGGE 231/2001 E RESPONSABILITA’ DEI DIPENDENTI ANCHE NEL SETTORE ENOLOGICO | L’ENOLOGO RIVISTA UFFICIALE DI ASSOENOLOGI
LEGGE 231/2001 E RESPONSABILITA’ DEI DIPENDENTI, ANCHE NEL SETTORE ENOLOGICO | l’enologo RIVISTA ufficiale di assoenologi
il D. lgs. 231/2001 ha un rilevante impatto anche per tutte le aziende che operano nel settore enologico. tale Legge, infatti, indica un modello organizzativo adottato da persone giuridiche, o associazioni prive di personalità giuridica, volto a prevenire la responsabilità penale delle aziende.
Più esattamente, si tratta del complesso di norme inserite nel decreto legislativo 231, in vigore dal 4 luglio 2001 che prevedono un regime di responsabilità “da reato” per amministratori, rappresentanti e direttori di enti giuridici, nel caso di commissione o tentata commissione di fattispecie di reati specificamente individuati nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, solo per citarne alcuni tra i reati presupposto indicati nel D. lgs. 231/2001, che più possono interessare il settore, è possibile citare: l’art. 25 bis 1 sui reati contro l’industria e il commercio (inserito dall’art. 17, comma 7, lettera b), L. 99/2009 come ad esempio eventuali dati non veritieri riportati nelle etichette di un prodotto) o l’art. 25 novies in materia di violazione del diritto d’autore.
Secondo quanto previsto dall’art. 5 del D. Lgs. 231/2001: l’azienda è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
- Da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione in azienda o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; (figure apicali come ad esempio: gli amministratori, i membri del consiglio di gestione, i consiglieri di amministrazione con poteri gestionali, il direttore generale, i liquidatori);
- Da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui al punto 1). Quindi, ad esempio, oltre che i dipendenti dell’azienda, tutti coloro che agiscono in nome, per conto o nell’interesse dello stesso, quali, a titolo di esempio, i collaboratori, i parasubordinati e i consulenti.
L’azienda non risponde, se le persone indicate nel comma 1, hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi.
Tra i soggetti sottoposti a vigilanza rientrano lavoratori subordinati, lavoratori parasubordinati, collaboratori esterni, concessionari di vendita, franchisees, fornitori o altri consulenti aventi rapporti contrattuali con l’impresa.
Per quanto riguarda l’imputazione della responsabilità, se il reato è commesso da soggetti sottoposti a direzione e vigilanza delle figure apicali: non c’è presunzione di colpevolezza.
L’accusa deve provare che l’azienda è responsabile perché non ha adottato il Modello di Organizzazione e Controllo.
Se il reato è commesso da figure apicali: sussiste invece una presunzione di colpevolezza e l’azienda deve provare che è esente da responsabilità perché ha adottato il Modello di Organizzazione e Controllo.
Un altro elemento d’interesse è quello che fornisce la Legge 30 novembre 2017, n. 179, recante: “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato” che è stata adottata, dopo un iter legislativo avviato nel 2015, con l’intento di riformare la materia del whistleblowing nel settore pubblico e in quello privato.
La legge ha previsto una puntuale tutela per tutti quei dipendenti e/o collaboratori di società che hanno segnalato illeciti di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito delle proprie mansioni lavorative.
La legge, inoltre ha introdotto modelli di organizzazione, gestione e controllo aventi il fine di prevedere, inter alia, misure volte a garantire la tutela del segnalante da atti di ritorsione o discriminatori nei confronti del segnalante e, più in generale, un uso puntuale e non abusivo del nuovo strumento di segnalazione.
Rispetto a questo tipo di situazioni, va ricordato che il licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto segnalante è nullo. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni ai sensi dell’articolo 2103 c.c., nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante.
I sistemi che le aziende possono adottare per prevenire questo tipo di situazioni sono:
– Codice etico, un Sistema organizzativo formalizzato e chiaro, procedure manuali ed informatiche (con separazione dei compiti tra coloro che svolgono fasi cruciali di un processo a rischio), poteri autorizzativi e di firma, sistema di controllo di gestione, sistema di comunicazioni al personale e sua formazione.
– Infine va anche ricordato il sistema sanzionatorio predisposto dal D.Lgs. n. 231/2001 prevede:
- sanzioni pecuniarie che derivano direttamente dalla commissione dell’illecito, quale sua conseguenza fisiologica;
- sanzioni interdittive che si applicano in casi molto gravi;
- altre sanzioni/misure cautelari come ad esempio la pubblicazione della sentenza di condanna o la confisca.
Infine, va tenuto presente l’orientamento espresso dalla Cassazione con la sentenza n. 11626 della Sesta sezione penale depositata in data 8 aprile 2020, secondo cui il D. Lgs. n. 231/2001 si può applicare anche a una società straniera qualora gli illeciti vengano commessi da propri dipendenti in Italia. Ciò, anche laddove la legislazione del Paese di appartenenza non contempli modelli organizzativi idonei a impedire la commissione di reati. E’ interessante notare che secondo la Corte, l’applicazione di questo principio evita l’alterazione della libera concorrenza a livello comunitario e a livello internazionale, che, viceversa, sussisterebbe laddove le imprese italiane fossero le uniche a dover sostenere i costi organizzativi connessi al sistema del D. Lgs. 231.
In conclusione, è importante evidenziare che quanto sin qui descritto, riguarda gli aspetti generali della disciplina, ma eventuali modelli organizzativi, devono sempre essere costruiti in modo specifico per ogni azienda, al fine di ridurre i rischi personali riconducibili alla responsabilità dell’impresa in base al D.Lgs. 231/2001.
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