Netta separazione tra contratto a termine e somministrazione
La vicenda, riguarda un lavoratore che aveva concluso con Obiettivo Lavoro Spa tre contratti di lavoro a tempo determinato successivi, in forza dei quali era stato messo a disposizione delle Poste Italiane come portalettere al fine di provvedere alla sostituzione del personale assente addetto al servizio recapito presso la regione Campania.
In seguito, Il Tribunale di Napoli (Est. Coppola) con l’ordinanza del 22 maggio 2012 decideva di sollevare le seguenti questioni pregiudiziali UE proprio sulla normativa in materia di lavoro somministrato:
1) se tenuto conto anche dell’inciso di cui al punto 36 dell’Ordinanza della Corte di Giustizia del 15 settembre 2010 (procedimento C-386/09, Briot), la direttiva 1999/70/CE, segnatamente la clausola 2, faccia riferimento anche al rapporto di lavoro a termine tra lavoratore somministrato ed agenzia di lavoro interinale ovvero tra lavoratore somministrato ed utilizzatore e quindi se la direttiva 1999/70/CE regolamenti detti rapporti;
Nella sentenza in esame, la Corte di Giustizia parte da due presupposti:
a) il preambolo dell’Accordo quadro CES del 1999 sul lavoro a tempo determinato non si applica ai lavoratori a tempo determinato messi a disposizione di un’azienda utilizzatrice da parte di un’agenzia di lavoro interinale;
b) che l’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (GU 1997, L 18, pag. 1) dispone espressamente che detta direttiva si applica al distacco, operato da un’impresa di lavoro temporaneo, di un lavoratore presso un’impresa utilizzatrice, ove esista un rapporto di lavoro tra l’impresa di lavoro temporaneo e il lavoratore temporaneo durante il periodo di distacco.
Alla luce di ciò, secondo la Corte i rapporti di lavoro a tempo determinato di un lavoratore interinale messo a disposizione di un’impresa utilizzatrice da un’agenzia di lavoro interinale non rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro, e pertanto nemmeno in quello della direttiva.
La non applicazione di queste fonti alla somministrazione riguarda proprio il lavoratore interinale in quanto tale e non l’uno o l’altro dei suoi rapporti di lavoro ovvero il suo rapporto di lavoro con l’agenzia di lavoro interinale e quello sorto con l’azienda utilizzatrice.
Per questi motivi la Corte nella sentenza dichiara che la direttiva e l’accordo quadro devono essere interpretati nel senso che non si applicano né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra un lavoratore interinale e un’agenzia di lavoro interinale né al rapporto di lavoro a tempo determinato tra tale lavoratore e un’impresa utilizzatrice.
Infine va considerato come questo intervento confermi l’orientamento Comunitario già espresso nella Direttiva 2008/104/CE emanata dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 19 novembre 2008.
Nell’articolo 4, paragrafo 1 della Direttiva, infatti, è previsto che ogni restrizione o divieto relativo al ricorso al lavoro tramite agenzie di lavoro interinale sia giustificato solo da ragioni d’interesse generale che investono in particolare la tutela dei lavoratori tramite agenzia interinale, le prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o la necessità di garantire il buon funzionamento del mercato del lavoro e la prevenzione di abusi. La direttiva mira quindi al contemperamento tra flessibilità e sicurezza auspicato negli Orientamenti integrati per la Crescita e l’Occupazione espressi nel Trattato di Lisbona.
La scelta del legislatore comunitario per la liberalizzazione, quantomeno rispetto alle restrizioni oggettive di carattere causale, appare giustificata dalla funzione di catalizzare «la creazione di posti di lavoro» e la «partecipazione al mercato del lavoro e all’inserimento in tale mercato» (11° considerando), riconosciuta al lavoro tramite agenzia.
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