CHI CONVOCA L’ASSEMBLEA?
Per dirimere il contrasto giurisprudenziale relativo al riconoscimento del diritto di convocare l’assemblea sindacale di cui all’art. 20 delle legge n. 300 del 1970, è stato richiesto l’intervento del Primo Presidente ai fini dell’assegnazione della questione alle Sezioni Unite della Cassazione.
Prima di ricostruire i passaggi che hanno condotto alla pronuncia delle Sezioni Unite, è utile ricordare le caratteristiche che distinguono le RSA dalle RSU.
Mentre le prime, possono essere costituite su iniziativa dei lavoratori nell’ambito di qualsiasi associazione sindacale che abbia firmato un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, di livello nazionale, provinciale o aziendale, o che abbia attivamente partecipato alle trattative per il contratto collettivo; le seconde, costituiscono un’unica rappresentanza per tutti i sindacati in azienda e sono costituite su iniziativa delle associazioni sindacali aderenti alle confederazioni firmatarie degli accordi interconfederali.
A valle di questa differenza, nel tempo sono sorti alcuni problemi applicativi riguardo all’individuazione dei soggetti legittimati ad esercitare il diritto di convocare assemblee retribuite ex art. 20 dello Statuto dei Lavoratori: la questione è, appunto, quella di capire se tale diritto possa essere esercitato direttamente dal singolo componente della RSU ovvero in maniera collegiale.
In altre parole, tale diritto spetta alle RSU come organo o anche ai singoli membri di tale organo?
Sulla questione, infatti, l’orientamento della Corte di Cassazione non è stato unanime e ripercorrendo in modo schematico le tappe che hanno portato alla sentenza oggetto del presente commento emerge come:
– Nel 2002 la Cassazione con la sentenza n. 2855/2002 ha negato che il singolo componente potesse autonomamente esercitare tale potere, vista la natura di organo collegiale della RSU, chiamata a deliberare a maggioranza e in piena autonomia;
– Nel 2005, la Cassazione con la sentenza n. 1895/2005, ha affermato come l’autonomia contrattuale collettiva può assegnare ad organismi di rappresentanza, diversi dalle RSA, prerogative sindacali quali il diritto di indire l’assemblea, salvo ciò non lo collochi quale interlocutore privilegiato col datore di lavoro;
– Nel 2009, la Cassazione con la sentenza n. 2109/2009, ha affermato come l’Accordo interconfederale prevede il subentro dei singoli componenti delle RSU nei diritti riconosciuti dallo Statuto dei Lavoratori ai dirigenti delle RSA come singole persone, non alle RSA nella loro collegialità;
– Nel 2014 la Cassazione con la sentenza n. 15437/2014 (confermata anche da Cass. n. 17458/2014) ha attribuito anche a ciascun componente delle RSU il diritto di indire assemblee sindacali, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato dotato, di fatto, di rappresentatività ex art. 19 Statuto Lavoratori.
Ora, a seguito delle decisioni difformi in relazione a controversie analoghe, con la sentenza n. 13978/2017 del 6 giugno 2017, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto emerso in giurisprudenza in relazione alla possibilità o meno di riconoscere il diritto di convocare l’assemblea sindacale di cui all’art. 20 dello Statuto dei Lavoratori.
Nello specifico, La cassazione a Sezioni Unite ha ritenuto di non condividere la tesi dottrinale secondo cui l’affermazione di legittimazioni concorrenti (sia delle RSU come organo collegiale sia di ogni sua componente sindacale) colliderebbe contro il principio democratico, necessariamente maggioritario, e ridurrebbe la RSU “ad una mera sommatoria di distinte rappresentanze”.
Infatti, secondo le Sezioni Unite, il principio di maggioranza deve essere applicato nel momento in cui si delibera e non nel momento in cui si esercitano diritti che non implicano decisioni vincolanti nei confronti degli altri.
Pertanto, secondo le Sezioni Unite, il principio di maggioranza che governa le RSU non è incompatibile con il diritto di ciascun membro delle RSU di richiedere la convocazione dell’assemblea sindacale, diritto, quest’ultimo, che come sottolineato dalle Sezioni Unite, si desume sia dall’Accordo Interconfederale del 1993 sia da quello del 10 gennaio 2014.
© riproduzione riservata dello Studio GF LEGAL STP
Prima di ricostruire i passaggi che hanno condotto alla pronuncia delle Sezioni Unite, è utile ricordare le caratteristiche che distinguono le RSA dalle RSU.
Mentre le prime, possono essere costituite su iniziativa dei lavoratori nell’ambito di qualsiasi associazione sindacale che abbia firmato un contratto collettivo applicato nell’unità produttiva, di livello nazionale, provinciale o aziendale, o che abbia attivamente partecipato alle trattative per il contratto collettivo; le seconde, costituiscono un’unica rappresentanza per tutti i sindacati in azienda e sono costituite su iniziativa delle associazioni sindacali aderenti alle confederazioni firmatarie degli accordi interconfederali.
A valle di questa differenza, nel tempo sono sorti alcuni problemi applicativi riguardo all’individuazione dei soggetti legittimati ad esercitare il diritto di convocare assemblee retribuite ex art. 20 dello Statuto dei Lavoratori: la questione è, appunto, quella di capire se tale diritto possa essere esercitato direttamente dal singolo componente della RSU ovvero in maniera collegiale.
In altre parole, tale diritto spetta alle RSU come organo o anche ai singoli membri di tale organo?
Sulla questione, infatti, l’orientamento della Corte di Cassazione non è stato unanime e ripercorrendo in modo schematico le tappe che hanno portato alla sentenza oggetto del presente commento emerge come:
– Nel 2002 la Cassazione con la sentenza n. 2855/2002 ha negato che il singolo componente potesse autonomamente esercitare tale potere, vista la natura di organo collegiale della RSU, chiamata a deliberare a maggioranza e in piena autonomia;
– Nel 2005, la Cassazione con la sentenza n. 1895/2005, ha affermato come l’autonomia contrattuale collettiva può assegnare ad organismi di rappresentanza, diversi dalle RSA, prerogative sindacali quali il diritto di indire l’assemblea, salvo ciò non lo collochi quale interlocutore privilegiato col datore di lavoro;
– Nel 2009, la Cassazione con la sentenza n. 2109/2009, ha affermato come l’Accordo interconfederale prevede il subentro dei singoli componenti delle RSU nei diritti riconosciuti dallo Statuto dei Lavoratori ai dirigenti delle RSA come singole persone, non alle RSA nella loro collegialità;
– Nel 2014 la Cassazione con la sentenza n. 15437/2014 (confermata anche da Cass. n. 17458/2014) ha attribuito anche a ciascun componente delle RSU il diritto di indire assemblee sindacali, purché questi sia stato eletto nelle liste di un sindacato dotato, di fatto, di rappresentatività ex art. 19 Statuto Lavoratori.
Ora, a seguito delle decisioni difformi in relazione a controversie analoghe, con la sentenza n. 13978/2017 del 6 giugno 2017, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto emerso in giurisprudenza in relazione alla possibilità o meno di riconoscere il diritto di convocare l’assemblea sindacale di cui all’art. 20 dello Statuto dei Lavoratori.
Nello specifico, La cassazione a Sezioni Unite ha ritenuto di non condividere la tesi dottrinale secondo cui l’affermazione di legittimazioni concorrenti (sia delle RSU come organo collegiale sia di ogni sua componente sindacale) colliderebbe contro il principio democratico, necessariamente maggioritario, e ridurrebbe la RSU “ad una mera sommatoria di distinte rappresentanze”.
Infatti, secondo le Sezioni Unite, il principio di maggioranza deve essere applicato nel momento in cui si delibera e non nel momento in cui si esercitano diritti che non implicano decisioni vincolanti nei confronti degli altri.
Pertanto, secondo le Sezioni Unite, il principio di maggioranza che governa le RSU non è incompatibile con il diritto di ciascun membro delle RSU di richiedere la convocazione dell’assemblea sindacale, diritto, quest’ultimo, che come sottolineato dalle Sezioni Unite, si desume sia dall’Accordo Interconfederale del 1993 sia da quello del 10 gennaio 2014.
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