LA RILEVANZA DI UNA CONDANNA PENALE AI FINI DI UNA TEMPESTIVA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE ANCHE SE DIFFERITA NEL TEMPO

E’ di rilevante interesse la sentenza n. 2284 del 2017, pronunciata dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, lo scorso 8 settembre, con la quale è stata accertata la legittimità di un licenziamento a seguito di una contestazione disciplinare adottata a circa quattro/tre anni e mezzo di distanza dalla commissione dei singoli addebiti.
A fondamento della ritenuta tempestività del licenziamento, il Giudice, ha osservato come per autorevole Giurisprudenza, in tema di procedimento disciplinare, ai fini dell’accertamento della sussistenza del requisito della tempestività della contestazione, in caso di intervenuta sospensione cautelare di un lavoratore sottoposto a procedimento penale, la contestazione disciplinare per i relativi fatti ben può essere differita dal datore di lavoro in relazione alla pendenza del procedimento penale stesso, anche in ragione delle esigenze di tutela del segreto istruttorio
e, quindi, la contestazione disciplinare preordinata al licenziamento, è da reputarsi tempestiva quando, sebbene non sia immediata rispetto all’addebito, è comunicata a seguito della decisione di rinvio a giudizio o all’esito di un procedimento penale che veda coinvolto il lavoratore indisciplinato.
Nel caso citato, secondo il Giudice, la contestazione disciplinare, formalmente adottata dalla Società resistente a circa tre anni e mezzo di distanza dalla commissione dei singoli addebiti ascritti al ricorrente, risulta tempestiva ai sensi dell’art. 7 Stat. Lav., sia in quanto è stata formulata subito dopo la notifica alla società del decreto di rinvio a giudizio del lavoratore per gli stessi fatti sottesi al licenziamento, cristallizzando così, in modo attendibile sotto il profilo giuridico, le accuse rivolte all’indagato da parte dell’autorità procedente, sia in quanto non venivano posti ostacoli all’esercizio del diritto di difesa da parte del dipendente.
Secondo il Giudice, inoltre, nel caso specifico, il comportamento tenuto dal lavoratore risulta rilevante anche ai sensi dell’art. 2119 c.c., tenuto conto che l’azienda non può più confidare nella futura correttezza contrattuale di un dipendente che, per conseguire un ingiusto profitto economico, anche se non di rilevante entità o per comunicare con i propri familiari, non esitava, a spese del proprio datore di lavoro, a occupare il telefono destinato alla ricezione delle telefonate dei clienti, venendo meno in modo ripetuto ai doveri di diligenza, correttezza e fedeltà contrattuale previsti dall’art. 2104 c.c. e ponendo in essere una condotta rilevante anche dal punto di vista penale.
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