NO REPECHAGE PER I COLLETTIVI

Con la Sentenza n. 131/2017, la Corte di Appello di Milano, Sezione Lavoro, ha stabilito che nelle ipotesi di licenziamento collettivo, il datore di lavoro non è soggetto all’obbligo di repechage nei confronti dei lavoratori in esubero, come, invece, accade nei casi di licenziamento individuale per motivi economici.
La vicenda trae origine dall’impugnazione di un licenziamento intimato ad un lavoratore all’esito della procedura di licenziamento collettivo

, nell’ambito della quale parti avevano sottoscritto un accordo per cui il datore si impegnava ad attivarsi per la ricollocazione dei lavoratori in esubero presso eventuali futuri cantieri o presso terzi.
All’esito della procedura il lavoratore veniva, come detto, licenziato senza venire ricollocato e dunque si rivolgeva al Tribunale di Milano, lamentando, appunto, la violazione dell’obbligo di repechage.
Ebbene. Sia i Giudici di prime cure, che il Collegio, non solo affermavano l’assenza di violazioni sul punto, ma accertavano anche l’insussistenza di un obbligo in tal senso in capo al datore di lavoro, in tutti i casi di licenziamento collettivo.
Secondo il Collegio l’onere di repechage è un elemento tipico della fattispecie del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, rispetto al quale il datore di lavoro ha l’onere non solo di provare che al momento del licenziamento non sussisteva alcuna posizione analoga a quella soppressa per l’espletamento di mansioni equivalenti, ma anche – in attuazione del principio di correttezza e buona fede – di aver prospettato al dipendente, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un reimpiego in mansioni inferiori, rientranti nel suo bagaglio professionale.
Tale concetto è invece estraneo alla fattispecie di licenziamento collettivo. A questo proposito il Collegio afferma che, in particolare, l’eventuale impegno assunto dal datore di lavoro, ancorché con accordo sindacale, ad attivarsi per la ricollocazione dei lavoratori, peraltro presso terzi, nulla ha a che fare con il concetto di repechage.
Infatti, anche se raggiunto in sede sindacale, un accordo di questo tipo è volto unicamente a favorire la ricollocazione del lavoratore in seguito ad una valutazione con cui sia già stata accertata l’insussistenza di posizioni lavorative attuali in cui collocare i lavoratori in esubero.
Si tratta dunque, di una possibilità eventuale a cui il datore non è tenuto in virtù di un obbligo di legge, che può costituire al massimo un obbligazione assunta spontaneamente e contrattualmente.
Al contrario, il repechage fonda un vincolo in capo al datore di lavoro, alle cui dipendenze opera il lavoratore di adoperarsi per rinvenire una nuova soluzione lavorativa all’interno della sua azienda, non certo presso terzi.
Ne consegue che la violazione di un simile accordo non ha alcun tipo di effetto in ordine alla legittimità del licenziamento, bensì può avere al più, solo conseguenze di natura economica, ma nessun tipo di conseguenza potrà avere rispetto alla legittimità del licenziamento.

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