Interventi datoriali nel lavoro agile smart working
interventi datoriali e diritti del dipendente nel lavoro in remoto
Negli ultimi anni il lavoro da remoto si è rivelato uno strumento fondamentale per la maggior parte delle aziende e lavoratori che hanno potuto continuare a svolgere la propria attività in sicurezza.
Tuttavia, dal 31 agosto 2022 le aziende non potranno più ricorrere allo smart working c.d. “semplificato”, ma dovranno stipulare un accordo che definisca diritti e doveri delle parti.
Aggiornamento al 5/12/2023: Novità emendamenti Decreto Anticipi prorogra smart working dipendenti settore privato fino al 31 marzo 2024
Il lavoro agile consiste, infatti, in una modalità di esecuzione del lavoro disciplinata dalla legge n. 81 del 2017, svolta in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza obbligo di postazione fissa, la cui regolamentazione è prevista da un accordo scritto stipulato tra il datore di lavoro e il lavoratore.
Lo sviluppo improvviso di tale modalità di lavoro, ha portato all’insorgere di alcune problematiche relative ai poteri di controllo esercitabili a distanza dal datore di lavoro e, dall’altra parte, al diritto del lavoratore alla disconnessione.
IL CONTROLLO A DISTANZA del lavoratore durante lo smart working
La normativa sui controlli a distanza da parte del datore di lavoro è stata recentemente modificata a seguito dell’evoluzione tecnologica degli ultimi anni, che ha inciso anche sul mondo del lavoro.
A tal proposito, la riforma dell’art. 4 della Legge n. 300 del 1970 ha modificato i limiti entro i quali il datore può esplicare il proprio potere di controllo, e il conseguente potere disciplinare, mediante strumenti di controllo a distanza.
Tale articolo infatti stabilisce che al ricorrere di particolari esigenze organizzative, produttive, di sicurezza sul lavoro e/o di tutela del patrimonio aziendale, il datore di lavoro possa istallare impianti e strumenti audiovisivi, previo accordo collettivo con le associazioni sindacali o, in mancanza di tale accordo, previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Tali procedure, tuttavia, non si applicano in caso di utilizzo di strumenti di rilevazione degli accessi e delle presenze (ad esempio, i lettori di badge) e degli strumenti di lavoro (computer, tablet, etc.), questi ultimi fondamentali per l’esecuzione della prestazione in regime di smart working.
Il datore di lavoro, mediante tali strumenti, ha dunque un poter di controllo sull’attività lavorativa dei dipendenti.
Tale controllo tuttavia non è libero, in quanto deve tener conto del rispetto della riservatezza del lavoratore potendo utilizzare i dati raccolti solo per i fini connessi al rapporto di lavoro.
Nello specifico al lavoratore devono essere specificati mediante un documento redatto in forma scritta e da lui sottoscritto :
- i termini e le modalità di raccolta dei dati,
- le regole di utilizzo corretto di tali apparecchiature,
- gli eventuali comportanti sanzionabili disciplinarmente.
In assenza di tale informativa, i dati raccolti non possono essere utilizzabili.
L’intento è quello di bilanciare i poteri di controllo del datore di lavoro e la privacy dei lavoratori.
Pertanto il controllo sul lavoratore agile, mediante gli strumenti forniti dal datore di lavoro, sarà lecito solo se egli è a conoscenza tramite un’informativa della possibilità di monitoraggio, se il controllo non è prolungato e comunque nel rispetto della dignità del lavoratore.
I LIMITI DEI CONTROLLI DATORIALI sui dipendenti che lavorano in remoto – il diritto alla disconnessione
Come detto, tale necessità di bilanciamento si è avvertita molto negli ultimi anni, a seguito della improvvisa diffusione del lavoro agile quale modalità di lavoro, secondo il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali “che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
Se da un lato quindi tale modalità lavorativa ha creato nuove opportunità di crescita professionale e di produttività, dall’altro è stato necessario intervenire attraverso accordi, protocolli e provvedimenti, per chiarire alcuni aspetti non disciplinati dalla Legge.
A tal proposito, il Governo e le Parti Sociali hanno firmato, in data 7 dicembre 2021, il “Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile” che offre delle linee guida non vincolanti a completezza della disciplina in oggetto.
Tale Protocollo ha dato particolare importanza al c.d. diritto alla disconnessione, cioè il diritto del lavoratore a non essere connesso a nessun dispositivo e a non essere reperibile al di fuori dell’orario lavorativo.
La difficoltà deriva dall’impossibilità di individuare il preciso momento in cui il dipendente può non essere più reperibile, essendoci il rischio di sovraccarico lavorativo qualora il lavoratore esegua continuamente la prestazione lavorativa per lunghi ed interrotti periodo di tempo.
Di conseguenza, risulta fondamentale regolamentare tutte le misure organizzative, per evitare eventuali effetti negativi correlati allo stress da lavoro.
Il Protocollo tuttavia non ha previsto una regolamentazione di tale diritto alla disconnessione, lasciando tale onere alle singole parti o alla contrattazione collettiva, sia nazionale che aziendale.
Anzi, le parti sociali sono state fortemente incoraggiate a intraprendere un percorso che disciplini, per il proprio settore di riferimento, i sistemi di controllo ed il diritto alla disconnessione dei lavoratori.
Ciò può avvenire mediante la stipulazione di un accordo quadro aziendale che definisca condizioni e diritti generali, tra cui i tempi e le modalità di esercizio del diritto alla disconnessione, e che i singoli contratti individuali di lavoro agile potranno semplicemente richiamare.
Pertanto, al fine di garantire tali aspetti, è necessario definire in maniera chiara e completa il contenuto dell’accordo individuale e, più precisamente, tutte le clausole relative ai diritti e agli obblighi delle parti.
Tale disciplina, come raccomandato anche dalle Istituzioni, può anche avvenire a livello collettivo in modo che sia possibile una disciplina più uniforme tra i vari comparti, anche della medesima azienda, e si evitino discriminazioni tra lavoratori.
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