IMPRESA FAMILIARE AGRICOLA: ASPETTI GIUSLAVORISTICI | L’ENOLOGO RIVISTA UFFICIALE DI ASSOENOLOGI
impresa familiare: aspetti giuslavoristici | l’enologo RIVISTA ufficiale di assoenologi
Il sistema produttivo italiano, e al suo interno anche quello vitivinicolo, come noto, è caratterizzato dalla presenza di un numero elevato di imprese di piccole e medie dimensioni, tra cui quelle a gestione familiare. Il rapporto del familiare che presta la sua opera nella famiglia e nella stessa impresa è disciplinato dall’art. 230 bis del codice civile.
In Italia circa il 90% delle imprese sono di tipo familiare e si tratta di imprese in cui la famiglia è profondamente coinvolta nell’attività d’impresa: nel 26% dei casi i familiari ricoprono ruoli manageriali; nel 45% dei casi curano gli aspetti produttivi; nel 55% dei casi si occupano degli aspetti commerciali; e in cui l’imprenditore si occupa prevalentemente della gestione nel 70% dei casi; cura gli aspetti produttivi nel 27%; cura gli aspetti commerciali nel 35%.
Esaminando l’articolo 230 bis c.c. sull’impresa familiare, emerge come, salvo che sia configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro prestato. Le decisioni concernenti l’impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano alla impresa stessa. I familiari partecipanti all’impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi. Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo. Ai fini della disposizione di cui al primo comma si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
IL RAPPORTO DI LAVORO NELL’IMPRESA FAMILIARE, anche agricola
Per quanto concerne gli aspetti giuslavoristici va osservato che sull’espressione: “Salvo che sia configurabile un diverso rapporto”, vi sono due interessanti interpretazioni:
- Per alcuni, andrebbe letto come espressione di volontà del legislatore di approntare una tutela minima al lavoro svolto nella famiglia economicamente organizzata, allorché non sia prevista altra forma di rapporto di lavoro.
- Secondo un’altra interpretazione, l’impresa familiare avrebbe carattere “residuale o suppletivo”, in quanto sarebbe da ritenersi preclusa qualora sia configurabile un diverso rapporto fra il titolare e i propri familiari, rispetto a quello tassativamente previsto dall’art.230-bis c.c. (ad es. rapporto di lavoro subordinato, collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto, associazione in partecipazione, di natura societaria etc.). Presupposto comunque imprescindibile per l’applicazione dell’art.230-bis c.c. è l’esistenza di un’impresa, nel significato tecnico di cui all’art.2082 c.c., di qualsiasi tipo, a prescindere dalle dimensioni o dell’oggetto: agricola, commerciale, artigianale etc.
Per ciò che riguarda il lavoro domestico, sono inoltre previste due ipotesi:
- Il familiare presta la propria attività in modo continuativo nell’impresa familiare;
- Il familiare che presta la propria attività non nell’impresa, ma nella famiglia (ad es. svolgendo lavori domestici); anche in quest’ultimo caso egli ha diritto al mantenimento, secondo la condizione patrimoniale della famiglia, e partecipa agli incrementi d’azienda, nonché all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato, purché correlato e finalizzato alla gestione dell’impresa.
La collaborazione familiare deve essere prestata: in maniera continuativa nel senso che deve essere regolare, costante nel tempo, anche senza l’osservanza di orari predeterminati sebbene non possa ritenersi partecipe dell’impresa familiare colui che svolge prestazioni di lavoro saltuarie o occasionali.
La collaborazione continuata non deve essere però esclusiva, nel senso che la collaborazione del familiare ben potrebbe anche non essere full-time, potendo svolgere anche altre attività. L’impegno nell’impresa familiare deve essere preponderante. Da ultimo, non è obbligatoria la convivenza tra familiari, l’art.230-bis c.c., infatti, nulla dice sul punto.
In tal senso è senz’altro interessante dare conto di un tema molto delicato che sovente si pone rispetto a questo tipo di impresa, vale a dire l’eventuale gratuità della prestazione.
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RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO: UNA RECENTE SENTENZA DELLA CASSAZIONE
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro civile con l’Ordinanza n. 20904 del 30 settembre 2020, ha evidenziato che: tra persone legate da vincoli di parentela o di affinità opera una presunzione di gratuità della prestazione lavorativa, che trova la sua fonte nella circostanza che la stessa viene resa normalmente affectionis causa, con la conseguenza che, per superare tale presunzione, è necessario fornire la prova rigorosa degli elementi tipici della subordinazione, tra i quali, soprattutto, l’assoggettamento al potere direttivo/organizzativo altrui nonché l’onerosità della prestazione, perché, una presenza solo occasionale in azienda, non può essere bastare a dimostrare la sussistenza della subordinazione.
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Infine, altrettanto utile è sottolineare come l’impresa familiare, meglio di qualsiasi altro ambito giuridico, si possa prestare all’adozione, quale strumento di risoluzione di eventuali controversie, della mediazione aziendale.
Tale istituto, infatti, può garantire all’impresa non solo un risparmio dei costi procedurali, ma anche un risparmio dei tempi di risoluzione di possibili controversie intra-familiari/aziendali.
L’utilizzo della mediazione aziendale , con particolare riferimento a questo contesto, può trovare concreta applicazione, a titolo esemplificativo, per ricomporre situazioni conflittuali legate a: disaccordi sulle abitudini lavorative, difficoltà connesse alle personalità dei soggetti in conflitto, mancanza di riconoscimento dei ruoli all’interno dell’impresa familiare, divergenze sulle scelte strategiche di gestione e sviluppo dell’impresa.
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