IL LICENZIAMENTO IN CHIAVE COMPARATA
Con questo breve quadro descrittivo non c’è naturalmente la pretesa di trattare in modo esaustivo una materia tanto complessa come quella dei sistemi di licenziamento in chiave comparata.
L’obiettivo è quello semmai di offrire una sintesi di agevole consultazione per orientarsi in questa complessa disciplina.
Gli ultimi dati disponibili riguardo la rigidità in uscita, affermano che l’indice dell’Italia è 1.77, quello della Germania è 3.00 (quindi è più difficile licenziare, si noti anche un trend dei tedeschi a una maggiore difficoltà di licenziamento) e quello della Danimarca è 1.63. L’Italia comunque ha un indice al di sotto della media europea.
Altre caratteristiche che differenziano il caso italiano da quello degli altri paesi sono: il giudice tedesco può ordinare il reintegro se ritiene che il licenziamento per motivi economici non sia fondato; in Svezia e Norvegia il giudice può ordinare che invece del licenziamento l’azienda debba valutare la possibilità di spostare ad altra mansione il lavoratore; in Germania, Francia, Svezia e Olanda vi sono comunque dei vincoli alla possibilità di licenziamento per motivi economici che tengano conto delle esigenze di azienda e lavoratore; e, sullo specifico dell’articolo 18, l”European Labour Law Network dichiara: “the remedy ‘reinstatment’ is the most widespread remedy among the countries’ ovvero il reintegro è il rimedio più diffuso. Sono pochi, infatti, i paesi basati unicamente sull’indennizzo in caso di licenziamento, e anche in quei paesi scandinavi (Danimarca, Norvegia, Svezia) dove vige la flexsecurity, la reintegrazione è prevista. Essa è prevista anche nei sistemi presi a modello di “flessicurezza”, come la Danimarca (dove però ha un’applicazione limitata), la Norvegia, l’Olanda e soprattutto la Svezia: qui l’Employment Protection Act (Anställningsskidd) garantisce la reintegra in caso di licenziamento ingiustificato, mentre i contratti collettivi assicurano una robusta rete di protezione in caso di disoccupazione; in altre parole le tutele nel rapporto si sommano e non sono sostituite da quelle nel mercato.
Esaminando la situazione che caratterizza alcuni dei principali paesi europei è possibile rilevare quanto segue:
In Danimarca, non esistono norme generali che disciplinano la tutela dei lavoratori contro il licenziamento senza giusta causa. Coloro i quali godono di tale protezione, sulla base di contratti collettivi, possono essere licenziati solo se occorre un motivo valido basato sulla loro capacità o sulla loro condotta o sulle esigenze dell’azienda. Il lavoratore licenziato può chiedere le ragioni di tale provvedimento, qualora abbia almeno nove mesi di anzianità nell’impresa. Inoltre il modello della ‘flexicurity’ (fusione dalle parole inglesi ‘flexibility’ e ‘security’) dà alle aziende margini più ampi per licenziare i propri dipendenti rispetto al resto dell’Unione, ma offre ai dipendenti una maggiore tutela. Il lavoratore licenziato percepisce il 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno di disoccupazione, l’80% per il secondo, il 70% per il terzo e il 60% per il quarto. L’azienda paga il sussidio e aiuta il lavoratore a trovare un nuovo lavoro, con corsi di formazione. Il modello ha portato la Danimarca ad avere un basso livello di disoccupazione.
In Francia, il lavoratore vittima di un licenziamento illegittimo (in cui la procedura non sia stata rispettata) o senza giusta causa può rivolgersi al cosiddetto Consiglio de probiviri, un tribunale formato dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, che ha il compito di svolgere una mediazione. I probiviri possono obbligare il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore un indennizzo proporzionale all’anzianità e all’età, oppure possono proporre il reintegro del lavoratore. Tale reintegro può essere respinto dal dipendente o dal datore di lavoro. I licenziamenti individuali sono comunque più facili che in Italia. Il lavoratore cacciato senza giustificato motivo ha diritto solo ad un risarcimento (minimo sei mesi di stipendio). Il licenziamento per motivi economici è possibile solo in caso di chiusura o trasformazione dell’attività, come nel caso di fallimento o di ristrutturazione. Il datore di lavoro ha però l’obbligo a quel punto di proporre all’impiegato misure di riconversione e di riqualificazione prima del licenziamento. Quanto ai sussidi per la disoccupazione, i beneficiari sono sottoposti a regole molto più stringenti rispetto al passato, hanno l’obbligo di dimostrare con regolarità che sono alla ricerca di un lavoro.
In Germania, il licenziamento individuale è di due tipi. Con preavviso: sia per motivi disciplinari e di condotta sia per motivi economici. Senza preavviso: per colpa grave del lavoratore o per motivi urgenti che rendono impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. Prima di procedere al licenziamento il datore di lavoro deve consultare il Comitato d’impresa, che valuta la legalità del licenziamento. In caso di licenziamento ingiustificato, il lavoratore ha diritto ad un risarcimento proporzionato all’anzianità e all’età – da 12 a 18 mensilità – (nel 95% dei casi) oppure ad essere reintegrato nell’impresa (2% dei casi).
Va anche aggiunto che fra il 2003 e il 2005 è stato profondamente riformato il mercato del lavoro, reso molto più flessibile. I disoccupati sono molto diminuiti, dai 5 milioni del 2006 ai 2,7 del 2011. Il sussidio di disoccupazione (67% dell’ultimo stipendio netto) è concesso per un anno dopo la perdita del posto. Dopo si ricevono altri sussidi: 680 euro per un appartamento (inclusi 374 euro calcolati per vivere) e l’assicurazione sulla salute. Il licenziamento è più facile per le imprese con meno di 10 dipendenti. Per le altre va giustificato. I contratti a tempo determinato possono essere rinnovati fino a due anni e per non più di tre volte.
In Gran Bretagna, la legge tutela i lavoratori alle dipendenze da almeno due anni. Il licenziamento è considerato ingiustificato quando è legato al periodo di maternità (tranne alcune eccezioni), all’iscrizione ad un sindacato o ad alcuni motivi di sicurezza e salute, al far valere i diritti previsti dalla legge, in Inghilterra e nel Galles, al rifiuto di lavorare in negozi e ricevitorie di scommesse durante la domenica.Se il licenziamento è illegittimo, il lavoratore ha diritto ad un’indennità compensativa, o alla riassunzione. I contratti di lavoro si dividono in ‘employment’ (rende il lavoratore un dipendente) e ‘services’ (regola uno scambio di prestazioni, chi lo firma resta di fatto in proprio). Non esiste la contrattazione collettiva nel settore privato e sempre meno nel pubblico
Nei Paesi Bassi, prima di poter effettuare un licenziamento individuale, il datore deve chiedere l’autorizzazione al direttore distrettuale dell’Amministratore del lavoro, esponendone le ragioni ed ottenere l’accordo del Consiglio di fabbrica. Se il licenziamento è giudicato illegittimo, il lavoratore ha diritto ad un’indennità compensativa e al reintegro nell’impresa. L’imprenditore può evitare il reintegro, proponendo un indennità più elevata.
In Portogallo, il licenziamento deve essere legittimo: l’incapacità del lavoratore o la necessità di sopprimere il posto per ragioni economiche sono riconosciute solo entro certi determinati limiti. E’ invece possibile il licenziamento per motivi disciplinari se il comportamento del lavoratore, per gravità e conseguenze, rende impossibile il proseguimento del rapporto di lavoro. Se il giudice dichiara nullo il licenziamento, il lavoratore può chiedere gli arretrati e il reintegro oppure un’indennità compensativa calcolata in base all’anzianità.
In Spagna, il datore deve sempre motivare il licenziamento individuale. Possono essere distinte tre cause legittime di licenziamento: – per motivi disciplinari; – per cause di forza maggiore; – per “cause oggettive”. In caso di licenziamento non legittimo, il lavoratore può chiedere il reintegro. In caso di rifiuto da parte del datore, al lavoratore spetta un’indennità pari a 45 giornate lavorative per ogni anno di anzianità, più gli arretrati.
Va precisato però che il dipendente a tempo indeterminato può essere licenziato anche senza giusta causa. L’azienda è tenuta solo a versargli un risarcimento, che la riforma del mercato del lavoro varata dal governo Rajoy in febbraio ha ridotto di molto: 20 giorni invece di 45 per anno di lavoro (per 12 anni al massimo) per le imprese in difficoltà, 33 per le altre (per 24 anni al massimo invece di 42).
In Svezia, il lavoratore licenziato individualmente o il sindacato possono impugnare il provvedimento. Se il licenziamento non avviene per giusta causa, esso può essere annullato su richiesta del lavoratore, che può ottenere il risarcimento dei danni.
Esaminando la situazione che caratterizza alcuni dei principali paesi europei è possibile rilevare quanto segue:
In Danimarca, non esistono norme generali che disciplinano la tutela dei lavoratori contro il licenziamento senza giusta causa. Coloro i quali godono di tale protezione, sulla base di contratti collettivi, possono essere licenziati solo se occorre un motivo valido basato sulla loro capacità o sulla loro condotta o sulle esigenze dell’azienda. Il lavoratore licenziato può chiedere le ragioni di tale provvedimento, qualora abbia almeno nove mesi di anzianità nell’impresa. Inoltre il modello della ‘flexicurity’ (fusione dalle parole inglesi ‘flexibility’ e ‘security’) dà alle aziende margini più ampi per licenziare i propri dipendenti rispetto al resto dell’Unione, ma offre ai dipendenti una maggiore tutela. Il lavoratore licenziato percepisce il 90% dell’ultima retribuzione per il primo anno di disoccupazione, l’80% per il secondo, il 70% per il terzo e il 60% per il quarto. L’azienda paga il sussidio e aiuta il lavoratore a trovare un nuovo lavoro, con corsi di formazione. Il modello ha portato la Danimarca ad avere un basso livello di disoccupazione.
In Francia, il lavoratore vittima di un licenziamento illegittimo (in cui la procedura non sia stata rispettata) o senza giusta causa può rivolgersi al cosiddetto Consiglio de probiviri, un tribunale formato dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, che ha il compito di svolgere una mediazione. I probiviri possono obbligare il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore un indennizzo proporzionale all’anzianità e all’età, oppure possono proporre il reintegro del lavoratore. Tale reintegro può essere respinto dal dipendente o dal datore di lavoro. I licenziamenti individuali sono comunque più facili che in Italia. Il lavoratore cacciato senza giustificato motivo ha diritto solo ad un risarcimento (minimo sei mesi di stipendio). Il licenziamento per motivi economici è possibile solo in caso di chiusura o trasformazione dell’attività, come nel caso di fallimento o di ristrutturazione. Il datore di lavoro ha però l’obbligo a quel punto di proporre all’impiegato misure di riconversione e di riqualificazione prima del licenziamento. Quanto ai sussidi per la disoccupazione, i beneficiari sono sottoposti a regole molto più stringenti rispetto al passato, hanno l’obbligo di dimostrare con regolarità che sono alla ricerca di un lavoro.
In Germania, il licenziamento individuale è di due tipi. Con preavviso: sia per motivi disciplinari e di condotta sia per motivi economici. Senza preavviso: per colpa grave del lavoratore o per motivi urgenti che rendono impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro. Prima di procedere al licenziamento il datore di lavoro deve consultare il Comitato d’impresa, che valuta la legalità del licenziamento. In caso di licenziamento ingiustificato, il lavoratore ha diritto ad un risarcimento proporzionato all’anzianità e all’età – da 12 a 18 mensilità – (nel 95% dei casi) oppure ad essere reintegrato nell’impresa (2% dei casi).
Va anche aggiunto che fra il 2003 e il 2005 è stato profondamente riformato il mercato del lavoro, reso molto più flessibile. I disoccupati sono molto diminuiti, dai 5 milioni del 2006 ai 2,7 del 2011. Il sussidio di disoccupazione (67% dell’ultimo stipendio netto) è concesso per un anno dopo la perdita del posto. Dopo si ricevono altri sussidi: 680 euro per un appartamento (inclusi 374 euro calcolati per vivere) e l’assicurazione sulla salute. Il licenziamento è più facile per le imprese con meno di 10 dipendenti. Per le altre va giustificato. I contratti a tempo determinato possono essere rinnovati fino a due anni e per non più di tre volte.
In Gran Bretagna, la legge tutela i lavoratori alle dipendenze da almeno due anni. Il licenziamento è considerato ingiustificato quando è legato al periodo di maternità (tranne alcune eccezioni), all’iscrizione ad un sindacato o ad alcuni motivi di sicurezza e salute, al far valere i diritti previsti dalla legge, in Inghilterra e nel Galles, al rifiuto di lavorare in negozi e ricevitorie di scommesse durante la domenica.Se il licenziamento è illegittimo, il lavoratore ha diritto ad un’indennità compensativa, o alla riassunzione. I contratti di lavoro si dividono in ‘employment’ (rende il lavoratore un dipendente) e ‘services’ (regola uno scambio di prestazioni, chi lo firma resta di fatto in proprio). Non esiste la contrattazione collettiva nel settore privato e sempre meno nel pubblico
Nei Paesi Bassi, prima di poter effettuare un licenziamento individuale, il datore deve chiedere l’autorizzazione al direttore distrettuale dell’Amministratore del lavoro, esponendone le ragioni ed ottenere l’accordo del Consiglio di fabbrica. Se il licenziamento è giudicato illegittimo, il lavoratore ha diritto ad un’indennità compensativa e al reintegro nell’impresa. L’imprenditore può evitare il reintegro, proponendo un indennità più elevata.
In Portogallo, il licenziamento deve essere legittimo: l’incapacità del lavoratore o la necessità di sopprimere il posto per ragioni economiche sono riconosciute solo entro certi determinati limiti. E’ invece possibile il licenziamento per motivi disciplinari se il comportamento del lavoratore, per gravità e conseguenze, rende impossibile il proseguimento del rapporto di lavoro. Se il giudice dichiara nullo il licenziamento, il lavoratore può chiedere gli arretrati e il reintegro oppure un’indennità compensativa calcolata in base all’anzianità.
In Spagna, il datore deve sempre motivare il licenziamento individuale. Possono essere distinte tre cause legittime di licenziamento: – per motivi disciplinari; – per cause di forza maggiore; – per “cause oggettive”. In caso di licenziamento non legittimo, il lavoratore può chiedere il reintegro. In caso di rifiuto da parte del datore, al lavoratore spetta un’indennità pari a 45 giornate lavorative per ogni anno di anzianità, più gli arretrati.
Va precisato però che il dipendente a tempo indeterminato può essere licenziato anche senza giusta causa. L’azienda è tenuta solo a versargli un risarcimento, che la riforma del mercato del lavoro varata dal governo Rajoy in febbraio ha ridotto di molto: 20 giorni invece di 45 per anno di lavoro (per 12 anni al massimo) per le imprese in difficoltà, 33 per le altre (per 24 anni al massimo invece di 42).
In Svezia, il lavoratore licenziato individualmente o il sindacato possono impugnare il provvedimento. Se il licenziamento non avviene per giusta causa, esso può essere annullato su richiesta del lavoratore, che può ottenere il risarcimento dei danni.
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