LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DEL GIORNALISTA CHE INVENTA UNA NOTIZIA

E’ legittimo il licenziamento per giusta causa del giornalista che inventa ad arte una notizia, in quanto, l’accertamento della verità costituisce uno dei principali obblighi della professione giornalistica.
Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 5693 del 7.3.2017.
La Cassazione afferma che il compimento delle verifiche necessarie a fornire riscontro alle notizie pubblicate rappresenta uno dei doveri fondamentali cui il giornalista è tenuto nello svolgimento della sua professione.

La Suprema Corte asserisce che una condotta negligente, laddove risulti connotata da gravità, è idonea a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario che lega il giornalista alla sua testata di attribuzione, non consentendo una prognosi favorevole sul corretto adempimento delle future prestazioni e tanto più a fronte di un’attività che, dato il suo valore sociale, richiede uno scrupolo professionale costante.
Nel caso di specie i giudici di merito avevano accertato che il giornalista, redattore ordinario, aveva inventato ad arte una notizia e le relative mail che la contenevano e avevano ritenuto giustificato il licenziamento per giusta causa essendo uno degli obblighi fondamentali del giornalista quello di accertarsi della verità dei fatti.
Nella decisione in esame, i Giudici della Suprema Corte hanno anche ribadito alcuni principi consolidati in materia di procedimento disciplinare.
In primis, la Cassazione ha confermato che la valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato e sanzione disciplinare comminata va effettuata non in astratto, bensì con riferimento alla specifica situazione concreta (entità della mancanza, mansioni del lavoratore, ruolo, tipologia di attività, intensità dell’elemento intenzionale o grado di quello colposo).
Inoltre, la Suprema Corte ribadisce che la mancata affissione del regolamento disciplinare non pregiudica la validità di un licenziamento disciplinare quando le situazioni giustificative del recesso trovano la loro fonte direttamente nella legge o sono costituite da mancanze contrarie all’etica comune o violazioni dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro.
Per tutte queste ragioni la Cassazione ha confermato il licenziamento disciplinare del giornalista.
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