LE ORDINANZE PARALLELE
Continuano a emergere elementi critici circa uno degli aspetti più controversi della Riforma Fornero, vale a dire quello legato alla figura del giudice che deve giudicare sulla eventuale fase di opposizione successivamente alla prima fase di accertamento sommario.
E’ infatti interessante notare come da un lato, lo scorso 19 luglio la prima sezione civile del Tribunale di Milano con ordinanza abbia rigettato l’istanza di ricusazione presentata da una società per azioni coinvolta in una causa di licenziamento, la quale richiedeva l’applicazione dell’articolo 51, comma 1, numero 4 del c.p.c. sull’obbligo di astensione del giudice che ha già avuto modo di conoscere la causa.
Il punto di partenza di questa ordinanza deve essere ricercato nell’impossibilità di applicare l’articolo sopra citato stante il fatto che ciò che deve essere evitato è il rischio che il giudizio di revisione sul provvedimento di primo grado possa essere affidato allo stesso giudice ma afferma il tribunale “deve trattarsi per l’appunto di “gradi” di giudizio nell’ambito dei quali il provvedimento conclusivo del procedimento abbia consumato il potere di decidere nel merito e non sia stato invece il mero riflesso di una tutela occasionale interinale e provvisoria.”
Secondo l’ordinanza in esame la ricusazione non è quindi ammissibile perché è vero che il giudice ha conosciuto della causa in una fase diversa ma non lo ha fatto in un diverso grado di giudizio come invece sarebbe stato necessario per accogliere l’istanza ricusatoria. Dall’altro lato solo qualche giorno prima l’11 luglio, la sezione specializzata in materia di impresa dello stesso Tribunale di Milano ha affermato che nel nuovo Rito Fornero il giudice della fase di opposizione non può essere lo stesso che ha deciso la fase sommaria.
Secondo l’ordinanza in esame la ricusazione non è quindi ammissibile perché è vero che il giudice ha conosciuto della causa in una fase diversa ma non lo ha fatto in un diverso grado di giudizio come invece sarebbe stato necessario per accogliere l’istanza ricusatoria. Dall’altro lato solo qualche giorno prima l’11 luglio, la sezione specializzata in materia di impresa dello stesso Tribunale di Milano ha affermato che nel nuovo Rito Fornero il giudice della fase di opposizione non può essere lo stesso che ha deciso la fase sommaria.
Questa pronuncia trae origine da una sentenza della Corte Costituzionale la n. 387 del 1999, in tema di procedimento ex articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori che presenta una struttura in due fasi del tutto paragonabile a quella del Rito Fornero. In quel caso, la Corte, aveva stabilito l’obbligo di astensione del giudice della fase sommaria che fosse designato anche giudice della fase di opposizione. Tale sentenza era il risultato di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 51, comma 1, numero 4 rispetto alla quale a nulla rilevava che entrambe le fasi si svolgessero avanti il Tribunale, rilevando piuttosto che la fase di opposizione ha una natura impugnatoria con la quale viene chiesta una rivisitazione dello stesso oggetto della controversia. Se si decidesse di affidare allo stesso giudice la fase di opposizione si violerebbe il principio costituzionale di terzietà del giudice dell’impugnazione posto a garanzia del giusto processo secondo l’articolo 111 della Costituzione. Questa seconda pronuncia, con la quale è stata accolta l’istanza di ricusazione, emerge chiaramente un contrasto interpretativo con le disposizioni del Presidente della sezione lavoro del tribunale di Milano che a differenza di ciò che accade in altre sedi giudiziarie, regolarmente assegna i giudizi di opposizione al giudice che ha deciso la prima fase del procedimento. A complicare ulteriormente il quadro si è posta anche la Corte d’Appello di Milano che nella recente sentenza n. 643 del 2013 ha affermato di condividere il richiamo ai principi espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 387 del 1999 prima richiamata.
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